ZIUSUDRA, IL NOÈ SUMERO DEL DILUVIO

Ziusudra (o Zin-Suddu) di Shuruppak è un mitico Re sumero antidiluviano. Egli viene nominato nella Lista Reale Sumerica (LRS) come ultimo Re ad aver regnato prima del diluvio “che spazzò via ogni cosa”.
Il suo nome significa “colui che ha visto la vita“, in riferimento al dono dell’immortalità ricevuto dagli dèi per essere sopravvissuto all’inondazione che quest’ultimi scatenarono sulla terra con l’intenzione di cancellare il genere umano.
Per inciso, dal risultato dei miei studi (v. “Schiavi degli Dei” e “Uomini e Dei della Terra” © Drakon edizioni 03/2010 – 06/2016), non si trattò di una “delibera” degli Anunna, ma di una mancanza di soccorso, sapendo, essi, cosa stava per accadere.
Il mito di Ziusudra è la più antica epica del diluvio mai ritrovata.
Il mito è conservato su una tavoletta scritta in caratteri cuneiformi che risale al periodo della prima dinastia di Babilonia (1700 a.C circa, 1250 anni prima della sua redazione nella Bibbia), quando la lingua impiegata nella scrittura religiosa e nei documenti amministrativi era ancora quella sumera.
Questa tavoletta è stata denominata “Genesi di Eridu”, nella considerazione che essa contiene anche una parte dedica alla creazione.
Il reperto risale ad un momento tardo della cultura sumerica, tuttavia, dai contenuti e dai soggetti in esso riportati, è da far rientrare, come dicono gli assiriologi, ad un periodo risalente al periodo protodinastico (circa 3000 a.C), ben 2500 anni prima della composizione del diluvio nella Bibbia.
Ziusudra, come alcuni sapranno, risulta essere l’eroe del diluvio che ritroviamo nella letteratura Babilonese, più precisamente nell’XI tavoletta dell’Epopea di Gigamesh, dove viene chiamato Utnampishtim.
Quindi, l’opera di Enki e di Ninhursag per la creazione del “lulu” (trd. “il mischiato”) doveva davvero perire come voleva Enlil, o il Seme dell’umanità andava preservato?
La letteratura ufficiale ci insegna che tuttavia, senza venir meno al giuramento effettuato nell’assemblea degli Anunna, Enki rilevò in Ziusudra colui tramite il quale si poteva salvare l’umanità. Non appena Ziusudra tornò a pregare e a supplicare aiuto nel tempio, Ea (Enki) con uno stratagemma iniziò a bisbiglire da dietro un paravento dando a Ziusudra le istruzioni che il caso richiedeva.
Quanto ho riportato è Storia, non religione.
(fonti: varie, © Biagio Russo, Schiavi degli Dei, 11/2009, 03/2010 e Uomini e Dei della Terra, 2016 – Drakon edizioni)

 

I primi paralleli con la Bibbia: il Paradiso

Le ricerche archeologiche condotte nei “paesi della Bibbia” e che hanno dato risultati di primaria importanza, gettano una viva luce sulla Bibbia stessa, sulle sue origini e sull’ambiente in cui si formò.
Sappiamo ora che questo libro, il più grande classico di tutti i tempi, non è sorto dal nulla. Quest’opera ha radici che affondano in un lontano passato e si estendono sino ai paesi vicini a quello dove essa apparve.
È appassionante, per il decifratore di tavolette, per il traduttore di testi cuneiformi, seguire il cammino delle idee e delle opere attraverso queste antiche civiltà, dai Sumeri fino agli Aramei. I Sumeri, come riporto in altro articolo, non esercitarono ovviamente un’influenza diretta sugli Ebrei, essendo scomparsi assai prima dell’apparire di questi ultimi. Ma non c’è il minimo dubbio che essi abbiano influenzato in profondità i Cananei, predecessori degli Ebrei in Palestina. Così si spiegano le numerose analogie rilevate tra i testi sumerici e alcuni libri della Bibbia. Queste analogie non sono isolate; esse figurano sovente “in serie”, come ora vedremo: si tratta dunque di un vero e proprio parallelismo.
Un primo esempio prende le mosse dal poema di Sumer intitolato Enki e Ninhursag. Il tema trattato è quello del “paradiso”, a dire il vero, non del paradiso terrestre in senso biblico, ma di quello che fu sistemato per gli dei stessi, sulla terra di Dilmun.

Esiste, dice il poema, una regione chiamata Dilmun. È un paese “puro”, “netto” e “risplendente, un “paese dei viventi”, dove non regna né la malattia né la morte.
Tuttavia qualcosa manca a Dilmun: l’acqua dolce, indispensabile agli animali e alle piante. Enki, il gran dio sumerico dell’acqua, ordina perciò a Utu, il dio del sole, di far scaturire l’acqua dolce dalla terra e di irrigarne abbondantemente il suolo. Dilmun diventa così un rigoglioso giardino.
Ninhursag, la grande dea-madre dei Sumeri, che in origine era forse la Terra-Madre, ha fatto spuntare otto piante in questo paradiso degli dei, dopo aver dato vita a tre generazioni di dee, generate dal dio dell’acqua. A dire il vero non si afferra molto bene il significato di un procedimento tanto complicato, ma il poema vi insiste, sottolineando altresì il fatto che i parti furono indolori. A seguire, Enki, curioso certamente di conoscerne il sapore, le fa cogliere dal suo messaggero Isimund. Questi le presenta al padrone, che le mangia una dopo l’altra. Azione per niente garbata a Ninhursag che, in preda alla collera, lo maledice e lo vota alla morte.
Comunque, questo paradiso – la cui nozione stessa sembra essere di origine sumerica, nel Medio-Oriente – ha una collocazione geografica determinata. È probabile, infatti, che il paese di Dilmun, dove i Sumeri lo pongono, si trovi nel sud-ovest della Persia. Ora i Babilonesi, popolo semitico che vinse i Sumeri, situarono in questa stessa regione il loro “paese dei viventi”. Quanto alla Bibbia, essa dice che Jahvè sistema un giardino in Eden (in sumerico EDIN = steppa), dal lato dell’oriente (Gen 2,8). “Un fiume, aggiunge il testo della Genesi, sgorgava da Eden per irrigare il giardino e di là si divideva in quattro rami. Il nome del primo è Phison…, il nome del secondo fiume è Gihon…, il nome del terso è il Tigri…, il quarto fiume è l’Eufrate”. Queste indicazioni consentono di pensare che il Dilmun sumerico e l’Eden ebraico in origine fossero la stessa cosa.
Secondo punto: il passo del poema Enki e Ninhursag che racconta come il dio del sole irrighi Dilmun con l’acqua dolce scaturita dalla terra corrisponde a quello della Bibbia (Gen, 2,6): un fiotto saliva dalla terra e irrigava tutta la superficie del suolo”.
Terzo punto: la maledizione pronunziata contro Eva: “Io moltiplicherò le tue sofferenze e specialmente quelle della gravidanza; tu partorirai nel dolore…” suppone uno stadio superiore, quello descritto dal poema sumerico, quando la donna partoriva senza soffrire.
Quarto punto: la colpa commessa da Enki col mangiare le otto piante di Ninhursag fa pensare al peccato di cui si macchieranno Adamo ed Eva col magiare il frutto dell’albero della conoscenza.
Un’analisi più accurata di porta, dunque, a una constatazione ancora più stupefacente. Essa fornisce la spiegazione di uno dei più sconcertanti enigmi della leggenda biblica del paradiso: questo posto dal passo in cui si vede Dio formare la prima donna, madre di tutti i viventi, da una costola di Adamo (Gen 2,2).
Perché una costola?

Duomo di Orvieto (TR) – Creazione di Eva

Se si ammette l’ipotesi di un influsso della letteratura sumerica – di questo poema di Dilmun e di altri simili – sulla Bibbia, le cose si fanno chiare.
Nel nostro poema, una delle parti malate del corpo di Enki, conseguenza dell’aver ingerito le otto piante create da Ninhursag, è per l’appunto una “costola”. Ora, in sumerico, costola si dice “ti”. La dea creata per guarire la costola di Enki è chiamata Ninti, “La Signora della costola”.
Ma la parola sumerica “ti”, significa pure “far vivere”.
Gli scrittori sumerici, giocando sulle parole, giunsero a identificare “La Signora della costola” con la “Signora che fa vivere”. Questo calembour letterario, uno dei primi in ordine di tempo, passò nella Bibbia, dove predette naturalmente il suo valore, poiché in ebraico i termini che significano “costola” e “vita” non hanno nulla in comune.

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Questa spiegazione fu scoperta da Kramer nel 1945. Più tardi, però, si conobbe che la stessa ipotesi era stata suggerita trent’anni prima da un grande assiriologo francese, Vincent Scheil, come ebbe a segnalare l’orientalista americano William Albright, che pubblicò il lavoro di Kramer nel “Supplementary Studeis”, n. 1, del Bulletin of the American Schools of Oriental Research.

(dall’archivio bibliografico personale di Biagio Russo, Kramer I Sumeri – Alle radici della storia, © 1979 Newton Compton editori)