I SUMERI E L’OCCIDENTE – del Prof. Valentino Ceneri

Divagazioni su Uomini e Dei della terra di Biagio Russo

Dopo Schiavi degli dei – L’alba del genere umano, eccomi a leggere e meditare su quanto scrive Biagio Russo nel suo ultimo libro Uomini e Dei della terra, edito nel 2016 dalla Drakon edizioni. L’attenzione nella lettura e la riflessione impegnata nella meditazione ben si accordano con quanto l’autore riferisce di sé nella premessa, dove (p. 7) manifesta la sua dichiarazione d’intenti, nella scrittura del testo, parlando di “processo di maturazione e di ampliamento della conoscenza raggiunto…sulla storia dell’uomo e di come essa sia arrivata fino a noi”.

Tenendo conto della tenacia e della scrupolosità impiegate nell’approfondire l’argomento di studio scelto – quello sui Sumeri – bisogna riconoscere all’autore l’espressione di una grande passione educativa nel mettere il grosso pubblico a conoscenza dell’ambiguità e del danno che le generazioni umane corrono nel disinteressarsi dei prodromi della propria storia millenaria. Sarà una migliore conoscenza della cultura dei Sumeri a salvarci dalle catastrofi e dalla perdizione? Questo non ci è dato di dirlo. La conoscenza della storia umana non sembra aver dato risultati soddisfacenti per la buona educazione dei popoli. Per lo più essa sembra basarsi più su la Nemesi (la Dike persecutrice dei malvagi) che non su Mnemosine (la Memoria, madre delle Muse). Qualcuno ha detto che dopo Auschwitz e Mauthausen bisognava chiedersi dov’era Dio. Ma credo che oggi dobbiamo chiederci: dov’è l’uomo?

La ratio del libro fondamentalmente risulta essere l’approfondimento dei testi letterari – analizzati anche sotto il profilo filologico con l’apporto dei migliori cultori della materia – e anche l’analisi dei reperti archeologici, con la citazione delle varie scoperte che possono portare alla conferma delle ipotesi interpretative della storia antica.  Tra l’altro, ciò che mi ha interessato e incuriosito nella Parte I è il riferimento alle “Antiche civiltà perdute” che mette un ulteriore dubbio sulla completezza delle narrazioni della storia del genere umano. Basti citare – a mo’ di esempio – il recente ritrovamento del Tempio di Göbekli Tepe in Turchia, risalente al 9.600 a. C., che fa saltare tutte le datazioni sull’origine delle civiltà mediorientali.

Il riferimento inquietante sulla condizione attuale del mondo occidentale, intrappolato nel circolo vizioso dell’essere solo soggetto/oggetto di Marketing, con la degradazione avvilente dei processi del Desiderare, a mio avviso, costituisce la motivazione più profonda del libro. Ma qui entriamo nel campo psicoanalitico, dove, forse, una rilettura dei tragici greci (Eschilo, Sofocle, Euripide) potrebbe esserci utile. Perché è da loro – oltre che dai libri sapienziali della Bibbia – che possiamo attingere un po’ di luce in quel guazzabuglio confuso di intrecci tra le varie divinità e i malvoluti esseri umani, destinati dal volere degli dei a mettere in atto tutte le Ybris (come nel caso di Edipo re) per le quali, poi, saranno puniti. Ovviamente, escludiamo dalla nota confusa i Libri sapienziali, come Il cantico dei cantici e il Qoelet, che rivelano un rapporto più confidenziale anche se distaccato dalla divinità, ma questo è un altro discorso. Se non altro, prendiamo atto che già allora si assisteva al tramonto di dio e con esso alla necessità di scoprire dentro l’essere umano le risorse per vivere e la luce per orientarsi.

Oltre l’orizzonte” è la chiosa, ben azzeccata da Biagio Russo, della Parte II sull’evoluzione del genere umano. Con la citazione del Timeo di Platone e di altri studiosi più vicini a noi, a cominciare da Darwin, l’autore esamina le teorie dei processi evolutivi dell’Homo sapiens sapiens, mettendo in evidenza l’inattendibilità scientifica dell’ipotesi di un unico percorso evolutivo nel tempo e nello spazio. Per questo “oltre l’orizzonte” è un avvertimento per coloro che si sono assopiti per aver bevuto i “beveroni” saporiferi della cultura del marketing. Come dargli torto?

Nel prosieguo della lettura (Parte III), trovo interessante il confronto e l’uso (ex adiuvantibus) dei testi antichi mediorientali come il Libro di Enoc, il Poema di Atrahasis, l’Epopea di Ghilgamesh, la Genesi con La guerra giudaica di Giuseppe Flavio, ma resto perplesso sulle conclusioni circa la dinamica perversa del potere, che viene giocata solo in termini e secondo una visione di strutturazione verticale e gerarchica. Dando, così, un valore eccessivo alle strategie dell’assetto sociale ed economico dell’animale sociale, qual è l’uomo (Adam) e tralasciando, invece, le contraddizioni interne all’uomo stesso, quelle del rapporto di coppia (Ishah/Ish) e, ancor più, delle scansioni e dell’alternanza tra matriarcato e patriarcato. L’importanza data allo sviluppo della conoscenza non esaurisce, a mio parere, la varietà di tutti gli altri fattori che determinano i comportamenti degli uomini e delle donne, compresi quelli che attengono alla gestione della Polis.

      Certo, il mio scritto è una divagazione. E come tale non più dare completa giustificazione degli intendimenti dell’autore. Che pure ci sono, e che riguardano i modelli di sviluppo dell’essere umano. Ed è dallo sviluppo che l’autore dà alla sua esposizione, dalla IV Parte in poi, che troviamo le basi della letteratura scientifica per indicare la strada da seguire per la costruzione di un essere umano in grado di liberarsi da qualsiasi dipendenza e poter profferire di sé stesso la definizione dell’IO SONO. Che poi è la definizione che la divinità che campeggia nella Bibbia proclama di sé su richiesta di Mosè: Io sono colui che sono e che sarò.

Ci troviamo, così, a leggere la parte dedicata a L’albero della vita. Dove Biagio Russo proclama la sua fede nell’uomo e manifesta la sua credenza nella Scintilla divina che arde dentro lo spirito umano. A questa qualità dell’uomo si riferisce il Card. Gianfranco Ravasi, in uno scritto sull’educazione su Il sole 24 ore: “Ma si aggiunge: «e soffiò nelle sue narici una nishmat hayyîm e l’uomo divenne un essere vivente» (Genesi 2,7). Per intuire il vero significato del testo è necessario risalire all’originale ebraico: nishmat hayyîm, locuzione che nell’Antico Testamento ricorre 26 volte e, curiosamente, è applicata solo a Dio e all’uomo, mai agli animali (rûah, lo spirito, l’anima, il respiro vitale per la Bibbia è, invece, presente anche negli animali). Questa specifica categoria antropologica è spiegata da un passo del libro biblico dei Proverbi dal dettato originale molto barocco e semitico: la nishmat hayyîm nell’uomo è «una lampada del Signore, che illumina le camere oscure del ventre» (20,27). Sciogliendo la metafora possiamo tradurre: «è una lampada del Signore: essa scruta dentro, fin nell’intimo».  Com’è facile immaginare, mediante tale simbolica, si arriva a rappresentare la capacità dell’uomo di conoscersi, di avere una coscienza e perfino di entrare nell’inconscio, appunto nelle «camere oscure del ventre». Così, nella Bibbia troviamo la Ruah (lo Spirito divino che si libra sulle acque), il Nefesh (lo Spirito soffiato sulle narici degli animali) e la nishmat hayyîm (infuso nella profondità delle viscere umane).

La descrizione dei passaggi delle diverse connessioni: Cuore-Cervello, le polarità primordiali Yin-Yang, i 7 Chakra, in più le applicazioni dell’EEG e dell’ECG, con le loro caratteristiche misurabili in termini di CEM (campo elettromagnetico) e di HZ (frequenze periodiche) costituisce per l’autore la base per augurarsi un risanamento delle relazioni individuali e sociali. Non solo. Con l’appoggio del pensiero di eminenti intellettuali e scienziati- quali Krisnamurti, Max Plank ed altri- Biagio Russo esprime la sua idea della interazione tra uomo e materia. Una specie di riappacificazione con l’universo, con la risalita e l’attraversamento della soglia della conoscenza.

     E la divinità?

La citazione del Vangelo di Giovanni 16, 22-23: “[…] e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” è la risposta che io mi aspettavo. E lo spero anche per i lettori.

 

Valentino Ceneri

(Teologo – Antropologo – Psicoanalista)

 

Valentino Ceneri è nato a Cappelle sul Tavo (PE) nel 1939.

Ha conseguito:
il Dottorato di ricerca in Teologia, presso la Pontificia Università Lateranense di Roma;
la Laurea in Sociologia, specializzazione etnoantropologica e la Laurea in Psicologia presso l’Università La Sapienza di Roma;
il Diploma di Psicoterapia presso l’I.P.A. di Roma.

Ha insegnato:
Antropologia culturale presso la Pontificia Università di S. Tommaso di Roma;
Scienze sociali, Psicologia, Pedagogia presso le Scuole Secondarie della provincia di Pescara.

È stato Giudice onorario del Tribunale per i minorenni de L’Aquila.

È Psicologo clinico Psicoterapeuta.

Ha pubblicato numerosi saggi tra cui:
Mutamenti socioculturali e valori cristiani, 1977, Roma;
Dalla Psicoanalisi alla psicoterapia analitica esistenziale, 1981, Pescara;
Il complesso di Edipo: tramonto o superamento?, 1983, Roma;
La nascita del linguaggio, 1984, Franco Angeli, Milano;
L’evoluzione psichica dell’uomo; Lettera a Pinocchio; L’identità rispettata; Valori: gabbie o libertà; La nascita del desiderio (La filogenesi dell’amore), Ed. Carabba, 1998, Pescara;
Il Minotauro; Prometeo, Ed. Psi.co.ra, 1999, Pescara;
Il punto Omega e gli attrattori della mente, A. Molinaro – F. De Macedo, edizioni Pro Sanctitate, 2006, Roma;
Tutto il corpo nella mente e tutta la mente nel corpo?, Roma, 2008.

 

Il Maestro d’ascia, Edizioni Tracce, 2011, Pescara, è il suo primo romanzo.