Vocabolario sumero-accadico

“Nella disgrazia l’uomo è pronto a credere e quando l’ingannatore fa intravedere la fine dei mali incombenti, allora il misero s’abbandona tutto alla speranza”.
(Giuseppe Flavio)
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La tavoletta d’argilla in foto costituisce un vocabolario sumero-accadico, XVI volume dell’enciclopedia composta da 24 volumi.
Risalente al I sec. a.C., proviene da Warka, l’antica Uruk e, con la sigla AO 7662, è conservato nel Museo del Louvre a Parigi.

Con strumenti del genere, ci voleva tanto per verificare se “certe” traduzioni, passate e/o presenti, fossero corrette, arraffazzonate o… manipolate?

E’ deprimente constatare che c’è chi oggi continua a difendere e/o a sostenere il falso pur davanti all’evidenza!
Bisogna capire che la maggior parte di loro non è pronta per essere “scollegata”.
Tanti di loro sono così… ma tanti altri stanno iniziando ad uscire dalla “falsa realtà”!

 

 

Enoch, chi era veramente?

Desidero mettere in evidenza il periodo di un brano tratto dal Libro di Enoch (etiopico); esso si riferisce alla breve, ma efficace, descrizione delle azioni commesse da un ex-angelo vigilante caduto nel peccato perché unitosi con le belle figlie dell’Uomo.
La cosa riveste elevato valore perché dà la misura dell’importanza della Conoscenza.
Il brano è ascritto a Enoch stesso, il patriarca antidiluviano del quale, a differenza di tutti gli altri patriarchi, non ne viene indicata l’età della morte, ma:
“[…] sparì e non vi era, di tra i figli degli uomini, chi sapesse dove si era nascosto, dove fosse e che gli fosse successo. Ed ogni sua azione ai suoi tempi era coi santi e con gli angeli vigilanti”.

Questo è il brano in questione:

«Ed il quarto, il suo nome è Penemu: costui mostrò ai figli degli uomini l’amaro e il dolce e tutti i segreti della loro scienza. Egli insegnò agli uomini la scrittura, con acqua di fuliggine e carta e, perciò, sono molti quelli che hanno errato, dai secoli nei secoli, e fino ad oggi»
(da “Libro delle parabole”, apocrifo dell’Antico Testamento, Pentateuco Enochiano)

Libro di Enoch

‘Hanno errato’, pensate, ‘dai secoli nei secoli e fino a oggi’. Furono in molti ad errare perché, grazie a quell’insegnamento ricevuto, impararono a scrivere!
Quindi anche tutti noi abbiamo errato. Tutti noi “siamo nel peccato”!
Incredibile, vero? No, purtroppo, è la realtà!

Ma quest’uomo, Enoch, da che parte stava?
È evidente: certamente non dalla parte degli Uomini!
Allora, chi era veramente?

Il mio intento è esclusivamente quello di far riflettere.
Solo conoscendo il passato comprendiamo il presente ed affronteremo meglio il futuro.

© Biagio Russo – “Uomini e Dei della Terra” – Drakon edizioni.

 

Come individuare gli arroganti

Ti sembra di imbatterti sempre in gente piena di sé, intollerante, scortese o maledettamente arrogante?

 

 

Certe persone possono essere la fonte di potenziali sofferenze… questi otto punti che seguono, ti aiuteranno a identificare facilmente gli “autentici arroganti” dai “lievemente arroganti”.
Ma, attenzione!!! Non dimenticare di leggere.

1

Fai attenzione alle loro conversazioni. Cerca di ascoltare i loro discorsi sia quando parlano con te che con qualcun altro, ma non metterti a origliare. Parlano sempre di sé stessi? Perdono la pazienza o si infastidiscono se l’attenzione si sposta su qualcun altro? Sono i tratti distintivi di un arrogante.

L’arroganza e la presunzione spesso cercano di mascherare l’aver vissuto ben poche esperienze, pertanto, temendo il confronto con gli altri, tendono a elevare se stessi facendo credere di “avere qualcosa in più di loro”. Piuttosto che imparare dagli altri, o fare domande (cosa che vedono come segno di vulnerabilità), gli arroganti tendono a generalizzare e, basandosi sulle loro limitate esperienze di vita, vorrebbero imporre agli altri il loro punto di vista.

La gelosia per ciò che hai, o che hai raggiunto, potrebbe portare una persona a diventare arrogante; osserva se sta cercando in ogni modo di mostrarsi migliore di te o se vuole ostentare il possesso di qualcosa che tu non hai.

Gli arroganti hanno un disperato bisogno di apparire nel modo giusto. Se anche proverai a fare un piccolo commento non gradito, anche se solo leggermente provocatorio, l’arrogante diventerà furioso nei tuoi confronti. Questo accadrà ogni qual volta metterai in dubbio (anche non volendo) il loro aspetto, la loro intelligenza, le loro abilità atletiche, o qualsiasi altra cosa legata all’immagine che vogliono dare di se stessi.

2

Metti alla prova la loro visione del mondo. Non essere aggressivo, ma solo scettico e curioso. Se si offendono, valuta l’entità della loro rabbia. Se è minima, forse hanno solo avuto una giornata difficile. Ma se si infuriano, allora è perché tu stai mettendo in discussione la loro “perfetta visione limitata”… e averne una è già segno distintivo di arroganza.

Prima o poi la maggior parte della gente si rende conto che il mondo non gira affatto attorno a loro. Gli arroganti cercano di contrastare questo dato di fatto dando vita a un’atmosfera illusoria, nella quale il mondo continua ancora a girare nel modo in cui vogliono. Se qualcuno gli ricorda come stanno veramente le cose, non potranno far altro che infuriarsi.

Niente spaventa un arrogante più che il dubbio, perché è qualcosa di imperfetto e difficile da governare. L’incertezza potrebbe suggerire l’idea di un cambiamento, e l’arrogante non è sicuro di saperla gestire. Perciò, piuttosto che accettare che il mondo gira come gli pare, e spesso ruota in senso contrario rispetto ai desideri degli uomini, l’arrogante si ostina a voler mantenere un controllo su tutto e tutti – ovviamente si tratta di una missione impossibile.

Quando la realtà riemerge, fa sempre male. Perciò un arrogante non è portato a riflettere su stesso o ad analizzarsi, perché vuole ignorare le sue imperfezioni. Spesso tende anche a darsi dei meriti che in realtà appartengono ad altri.

3

Scopri il vero valore della loro amicizia. Senza diventare ficcanaso e pettegolo, cerca di studiare come gestiscono i loro rapporti di amicizia: se un giorno odiano a morte qualcuno e il giorno dopo ne sono entusiasti è probabile che non siano circondati da amicizie sincere. Ecco un altro chiaro segno di arroganza. È facile intuire quanto sia difficile essere veramente amico di qualcuno che è sempre pieno di sé. I presuntuosi hanno un bisogno disperato di apparire, e anche non dipendere mai da nessuno è uno dei tanti modi per cercare di sembrare migliori. Dato che essere un amico significa anche aiutare qualcuno quando ne avrà bisogno, gli arroganti in genere non riescono a gestire una vera amicizia.

Paradossalmente, gli arroganti spesso continuano a chiedersi perché non abbiano al loro fianco degli amici affidabili su cui poter contare.

4

Come si comportano con le persone diverse da loro? In altre parole, come reagiscono di fronte a punti di vista, culture e opinioni differenti? Se il loro approccio in questi casi è istintivamente negativo, gli arroganti staranno tentando di ignorare completamente l’altro, o evitarne il confronto per paura che qualcuno arrivi a mettere in discussione le loro certezze. In base a ciò che conosci di quelle persone, e osservandone le reazioni, sforzati di capire quale dei due atteggiamenti stanno adottando.

Spesso la gente boriosa è convinta che il “loro punto di vista” sia il solo degno di attenzione. Si tratta solo di un meccanismo di protezione per salvaguardare le loro illusioni e la falsa immagine che si sforzano di proiettare.

5

Com’è il loro carattere? Prendi nota di come si comportano, di come parlano e di come fanno uso del loro status sociale. Si danno delle arie? Parlano tantissimo? Si atteggiano come se fossero i padroni o l’attrattiva principale? Sono sempre presi a proiettare la loro immagine?

Molti arroganti credono di essere affascinanti, ma in realtà nessuno li vede così. Se capiranno di non incontrare il tuo appoggio non si faranno problemi a comportarsi male con te.

Quando un arrogante si comporta male, in genere i suoi amici cercano di ignorarlo e non fanno niente per riprenderlo, perché hanno paura delle reazioni del loro “amico”.

6

Parla di persone che non piacciono all’arrogante. Ciò non significa provocare un conflitto, ma evidenziare la loro competitività, il loro disappunto e la loro inimicizia. Se la disapprovazione per qualcuno sembra essere ragionevole, probabilmente non sono troppo orgogliosi, se invece è estremamente severa, allora lo sono.

Nella maggior parte dei casi gli arroganti percepiscono le persone che non gli piacciono come delle minacce alla stabilità della loro perfezione. Più odiano qualcuno, più grave sarà la minaccia lanciata contro il loro mondo immaginario. E ovviamente, più si sentono minacciati più aspre saranno le loro critiche.

7

Chiedi agli altri cosa dicono di te. Se stanno dicendo in giro cose poco carine, probabilmente non gli piaci. Se davanti a te si comportano bene, ma appena volti le spalle si sbizzarriscono con commenti negativi, non preoccuparti: è il loro passatempo preferito, e probabilmente hanno qualche problema d’orgoglio.

Un arrogante – a volte inconsciamente – si rende conto di non avere nessun buon amico. Per compensare questo deve creare l’impressione di essere circondato da tanti amici, ovviamente altri amici dalla stessa mentalità “quantità ma non qualità”. E appena questi amici-trofeo gli voltano le spalle, inizierà a insultarli.

8

Sii benevolo. Non giudicare negativamente gli arroganti o scivolerai al loro stesso livello. Spesso indossano questa maschera perché devono nascondere i propri punti deboli e le proprie paure. Il più delle volte hanno bisogno di costruirsi un’impeccabile immagine di se stessi per coprire la sofferenza interiore. Ma non dovrai nemmeno permettergli di prevaricarti: mantieniti saldo nei tuoi principi ma prendi le distanze. Potrai avvicinarti per notare ciò che veramente c’è di buono in loro, e lodarli solo per quello che davvero meritano. A volte incontrare delle ostilità da parte di qualcuno può spingere gli arroganti a essere più sinceri con se stessi, interrompendo per un po’ la loro sceneggiata di superiorità.

Una grande vulnerabilità può in realtà nascondersi dietro all’arroganza. Secondo la legge della compensazione, credono in questo modo di scacciare la propria debolezza. Per esempio, se un arrogante è cresciuto tra difficoltà economiche, ma in seguito ha iniziato a essere benestante, dietro il suo essere snob potrebbe celarsi la paura di ricadere nella povertà del passato.

Consigli

Cerca di stare il più lontano che puoi dagli individui arroganti; possono causarti molta sofferenza. D’altra parte, però, riuscire a conoscerli e saperli gestire potrebbe rivelarsi una qualità molto utile per il tuo futuro, potrebbe esserti d’aiuto nel mondo del lavoro, nel tuo team, nello sport ecc. Se saprai cosa fare, sarai in grado di metterli in guardia e frenare le loro borie in tua presenza. Non c’è bisogno di scappare dalle cose che non ci piacciono, o finiremo per scappare tutta la vita!

Anche se è difficile, cerca di non odiarli. Potrebbero nascondere un passato doloroso, qualcosa di se stessi che non riescono ad accettare, o magari sono stati feriti da qualcuno.

Ricorda che potrebbero avere a che fare con la tua stessa sofferenza, ma la stanno affrontando in un modo sbagliato, e tutt’altro che salutare. Invece che risolvere il problema si nascondono. Anche il dolore può portare all’arroganza.

Un riassunto dei sintomi dell’arroganza: intolleranza verso tutti quelli che sono diversi da loro, impossibilità di considerare validi altri punti di vista (a esclusione del proprio), tendenza a criticare pesantemente, difficoltà nel creare legami duraturi, narcisismo.

Assicurati di non essere tu l’arrogante. Se lo sei, riconoscilo e sii obiettivo, non cercare di biasimarti.

Gli arroganti di solito fanno fatica ad accettare le scuse di qualcuno.

È difficile poter perdonare chi ha messo in discussione la loro immagine o ha cercato distruggergli le illusioni.

Gli arroganti in genere non riescono ad avere buoni amici. Ricordati di questo, se mai dovessi desiderare di essere “popolare” come loro.

Ricordati che c’è sempre differenza tra l’essere determinato e l’essere arrogante. Inoltre, ci sono persone che sono molto ansiose: la loro ansia di dover dominare la conversazione potrebbe farli passare per arroganti. Facendo caso però al modo in cui interagiscono con gli altri capirai se lo sono veramente. Una persona determinata, o una nervosa, aspetteranno di conoscere il tuo punto di vista, e potranno anche farti delle domande, mentre un arrogante non solo ignorerà le tue necessità e i tuoi punti di vista, ma potrebbe anche mancarti di rispetto.

Fanno mai delle battute su situazioni sulle quali non dovrebbero scherzare? Fanno delle battute su qualcuno che sta passando un brutto momento solo per scatenare qualche risata da quattro soldi? Non si preoccupano dei sentimenti degli altri?

Agli arroganti spesso non importa proprio niente dei sentimenti degli altri, dato che difficilmente riescono a identificarsi nelle loro situazioni.

Le persone che stanno attraversando un momento difficile potrebbero diventare l’argomento di battute grossolane da parte degli arroganti. Ma si lasceranno scappare certi commenti solo quando sono sicuri di essere circondati dal pubblico giusto, non lo diranno mai apertamente.

Gli arroganti si sentiranno sempre in dovere di proteggere qualcosa – che sia la loro immagine o la loro centralità nell’universo. Se avranno l’impressione che stai cercando di intaccare una di queste di cose, allora ti odieranno. Impara a lasciar stare, perché non dipende da te, si tratta di qualcosa ancora più forte di loro.

Per quanto riguarda la loro popolarità, perché sono popolari? Lo sono perché trattano bene i loro amici o perché semplicemente si danno tante arie?

Darsi delle arie non significa essere in grado di rispettare le persone. La loro immagine è basata sull’apparenza, potrebbero essere ricchi, piacenti, atletici, avere una buona personalità (ma per coloro che rientrano nei criteri delle “possibili” amicizie), oppure magari sfoggiano un fascino fasullo (la loro natura si svela rapidamente, se li fai arrabbiare). Gli arroganti in genere possiedono una o più di queste caratteristiche.

Se, provocando una lite con una persona arrogante, dovessi venire ferito fisicamente, non esitare a chiedere aiuto.

Avvertenze

Se ti capitano davanti, ignorali, fai finta di non vederli, niente li disturberà di più dell’essere ignorati, non dare loro alcuna soddisfazione. Dato che devono costantemente alimentare la propria autostima, attraverso il confronto diretto si infiammeranno un bel po’ e il loro ego si ingigantirà. Quello che vogliono è attirare l’attenzione per mascherare la loro insicurezza, quindi fare finta di non vederli è una buona strategia.

Dipende dalle situazioni: a volte non è possibile ignorarli completamente, e potrebbero odiarti per questo. Ma in fondo nessuno vuole essere amico di un rompiscatole!

Se devi fare commenti su una persona arrogante, falli solo con gli amici più fidati. Se verrà a sapere quello che pensi, inizierà una lite.

C’è sempre una buona possibilità che l’arrogante non capisca come mai a te non piace. Non far caso al suo comportamento scortese e riavvicinati per un po’, se proprio devi.

Per quanto tu voglia rimproverarli o dirgliene quattro, non lo fare! Non risolverà niente. Non iniziare un monologo sulla loro arroganza, dai solo una risposta veloce, che gli faccia capire che non gradisci la loro compagnia. Essere determinato non significa lanciare provocazioni, stai sul “chi va là”.
Sii più furbo di loro.

Se ti hanno pugnalato alle spalle, faglielo notare. Nessuno potrà tollerarlo, nemmeno i “migliori amici” della persona arrogante.

Non assecondare le loro visioni illusorie, lusingarli non serve a niente e attraverso il tuo comportamento falso alimenterai la loro visione distorta.

Ma non attaccare direttamente la loro intoccabile visione perfetta. Controbatti con qualcosa come “non sono d’accordo”, oppure “ho un’opinione diversa”. Potrebbero arrabbiarsi, ma ci sono meno possibilità che lo facciano.

Invece di dirgli “guarda le cose come stanno”, sostituiscilo con un “cosa te lo fa pensare? Perché hai questa opinione?”. A questo punto l’arrogante dovrà rispondere a una domanda diretta e relativa al discorso.

Per assurdo, se sarai tu a vincere la discussione, loro potranno iniziare a fare “le vittime” lamentandosi e cercando l’aiuto dei loro amici, e ovviamente cercando di farti passare male agli occhi degli altri.

Se l’arrogante fosse molto popolare nel gruppo, nel momento in cui giocherà la carta della vittima potrebbe fare terra bruciata attorno a te. Cerca sempre di gestire questo tipo di persone con diplomazia.

Ricordati che potrebbero nascondersi dei problemi psicologici dietro l’arroganza

(potrebbero avere problemi ad affrontare la realtà, perciò preferiscono vivere nella falsa proiezione che possono creare da soli). In alcuni casi potrebbe trattarsi di disturbi bipolari, disturbi borderline della personalità o fobia sociale. Potrebbero voler nascondere un passato di maltrattamenti, malattie o prepotenze subite. Alcuni non si rendono conto che questo atteggiamento li allontana dagli altri e impedisce loro di costruirsi dei veri legami d’amicizia. Fai attenzione a non etichettare velocemente una persona come “arrogante”, valuta attentamente il suo comportamento, la situazione, le circostanze della sua vita. A volte potresti sbagliarti nel pensare che tutti ce l’abbiano con te, cerca di capire la natura dell’atteggiamento che ti disturba. Fatti più furbo di loro.

Uno dei sintomi di un disturbo antisociale della personalità (come la psicopatia e la sociopatia) è proprio l’arroganza e la mancanza di rispetto per i diritti degli altri. Questo è l’aspetto più pericoloso degli arroganti. Se vivi a contatto con una persona di questo tipo, chiedi dei consigli.

Per questa ragione alcune persone arroganti diventano criminali.

(AA.VV.)

I primi paralleli con la Bibbia: il Paradiso

Le ricerche archeologiche condotte nei “paesi della Bibbia” e che hanno dato risultati di primaria importanza, gettano una viva luce sulla Bibbia stessa, sulle sue origini e sull’ambiente in cui si formò.
Sappiamo ora che questo libro, il più grande classico di tutti i tempi, non è sorto dal nulla. Quest’opera ha radici che affondano in un lontano passato e si estendono sino ai paesi vicini a quello dove essa apparve.
È appassionante, per il decifratore di tavolette, per il traduttore di testi cuneiformi, seguire il cammino delle idee e delle opere attraverso queste antiche civiltà, dai Sumeri fino agli Aramei. I Sumeri, come riporto in altro articolo, non esercitarono ovviamente un’influenza diretta sugli Ebrei, essendo scomparsi assai prima dell’apparire di questi ultimi. Ma non c’è il minimo dubbio che essi abbiano influenzato in profondità i Cananei, predecessori degli Ebrei in Palestina. Così si spiegano le numerose analogie rilevate tra i testi sumerici e alcuni libri della Bibbia. Queste analogie non sono isolate; esse figurano sovente “in serie”, come ora vedremo: si tratta dunque di un vero e proprio parallelismo.
Un primo esempio prende le mosse dal poema di Sumer intitolato Enki e Ninhursag. Il tema trattato è quello del “paradiso”, a dire il vero, non del paradiso terrestre in senso biblico, ma di quello che fu sistemato per gli dei stessi, sulla terra di Dilmun.

Esiste, dice il poema, una regione chiamata Dilmun. È un paese “puro”, “netto” e “risplendente, un “paese dei viventi”, dove non regna né la malattia né la morte.
Tuttavia qualcosa manca a Dilmun: l’acqua dolce, indispensabile agli animali e alle piante. Enki, il gran dio sumerico dell’acqua, ordina perciò a Utu, il dio del sole, di far scaturire l’acqua dolce dalla terra e di irrigarne abbondantemente il suolo. Dilmun diventa così un rigoglioso giardino.
Ninhursag, la grande dea-madre dei Sumeri, che in origine era forse la Terra-Madre, ha fatto spuntare otto piante in questo paradiso degli dei, dopo aver dato vita a tre generazioni di dee, generate dal dio dell’acqua. A dire il vero non si afferra molto bene il significato di un procedimento tanto complicato, ma il poema vi insiste, sottolineando altresì il fatto che i parti furono indolori. A seguire, Enki, curioso certamente di conoscerne il sapore, le fa cogliere dal suo messaggero Isimund. Questi le presenta al padrone, che le mangia una dopo l’altra. Azione per niente garbata a Ninhursag che, in preda alla collera, lo maledice e lo vota alla morte.
Comunque, questo paradiso – la cui nozione stessa sembra essere di origine sumerica, nel Medio-Oriente – ha una collocazione geografica determinata. È probabile, infatti, che il paese di Dilmun, dove i Sumeri lo pongono, si trovi nel sud-ovest della Persia. Ora i Babilonesi, popolo semitico che vinse i Sumeri, situarono in questa stessa regione il loro “paese dei viventi”. Quanto alla Bibbia, essa dice che Jahvè sistema un giardino in Eden (in sumerico EDIN = steppa), dal lato dell’oriente (Gen 2,8). “Un fiume, aggiunge il testo della Genesi, sgorgava da Eden per irrigare il giardino e di là si divideva in quattro rami. Il nome del primo è Phison…, il nome del secondo fiume è Gihon…, il nome del terso è il Tigri…, il quarto fiume è l’Eufrate”. Queste indicazioni consentono di pensare che il Dilmun sumerico e l’Eden ebraico in origine fossero la stessa cosa.
Secondo punto: il passo del poema Enki e Ninhursag che racconta come il dio del sole irrighi Dilmun con l’acqua dolce scaturita dalla terra corrisponde a quello della Bibbia (Gen, 2,6): un fiotto saliva dalla terra e irrigava tutta la superficie del suolo”.
Terzo punto: la maledizione pronunziata contro Eva: “Io moltiplicherò le tue sofferenze e specialmente quelle della gravidanza; tu partorirai nel dolore…” suppone uno stadio superiore, quello descritto dal poema sumerico, quando la donna partoriva senza soffrire.
Quarto punto: la colpa commessa da Enki col mangiare le otto piante di Ninhursag fa pensare al peccato di cui si macchieranno Adamo ed Eva col magiare il frutto dell’albero della conoscenza.
Un’analisi più accurata di porta, dunque, a una constatazione ancora più stupefacente. Essa fornisce la spiegazione di uno dei più sconcertanti enigmi della leggenda biblica del paradiso: questo posto dal passo in cui si vede Dio formare la prima donna, madre di tutti i viventi, da una costola di Adamo (Gen 2,2).
Perché una costola?

Duomo di Orvieto (TR) – Creazione di Eva

Se si ammette l’ipotesi di un influsso della letteratura sumerica – di questo poema di Dilmun e di altri simili – sulla Bibbia, le cose si fanno chiare.
Nel nostro poema, una delle parti malate del corpo di Enki, conseguenza dell’aver ingerito le otto piante create da Ninhursag, è per l’appunto una “costola”. Ora, in sumerico, costola si dice “ti”. La dea creata per guarire la costola di Enki è chiamata Ninti, “La Signora della costola”.
Ma la parola sumerica “ti”, significa pure “far vivere”.
Gli scrittori sumerici, giocando sulle parole, giunsero a identificare “La Signora della costola” con la “Signora che fa vivere”. Questo calembour letterario, uno dei primi in ordine di tempo, passò nella Bibbia, dove predette naturalmente il suo valore, poiché in ebraico i termini che significano “costola” e “vita” non hanno nulla in comune.

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Questa spiegazione fu scoperta da Kramer nel 1945. Più tardi, però, si conobbe che la stessa ipotesi era stata suggerita trent’anni prima da un grande assiriologo francese, Vincent Scheil, come ebbe a segnalare l’orientalista americano William Albright, che pubblicò il lavoro di Kramer nel “Supplementary Studeis”, n. 1, del Bulletin of the American Schools of Oriental Research.

(dall’archivio bibliografico personale di Biagio Russo, Kramer I Sumeri – Alle radici della storia, © 1979 Newton Compton editori)

Perché la nostra presenza qui, ora

Perché la nostra presenza, qui, ora?

Il perché della nostra esistenza, per chi?

E tante altre domande sulla nostra provenienza che spesso ci poniamo senza trovare una spiegazione, o delle risposte chiare che non siano le solite espresse dall’antropologia, mediante la teoria darwiniana, o dalle religioni.

Noi… chi siamo?  È la domanda che sintetizza la nostra voglia di sapere.

Ma non c’è sapere se non c’è Conoscenza, la conoscenza storica della nostra esistenza, quella che si ottiene cercando, scavando, analizzando, verificando, con tenacia, passione e determinazione. Ma soprattutto predisponendoci senza preconcetti o retaggi alle risposte che si troveranno sul sentiero della ricerca, nella consapevolezza che per comprendere il presente, “Noi… chi siamo?”, dobbiamo conoscere il passato, “Da dove veniamo”, quel passato fin troppe volte ammantato dal velo del segreto,  o volutamente fatto cadere nell’oblio.

Sempre e ancora con la consapevolezza che quel “velo” non è inamovibile e l’oblio, sebbene sia una dimenticanza duratura,  non lo è per sempre, è un fenomeno che si può invertire. Sempre che lo si voglia…

(c) Biagio Russo

Il matrimonio sacro

A Sumer il Matrimonio Sacro, l’unione tra i due amanti divini, veniva nello stesso tempo rappresentato e realizzato con una vera notte d’ amore tra il re del paese, nelle vesti di Dumuzi, e una sacerdotessa in quelle di Inanna.

La cerimonia notturna, che avveniva nella camera più riposta del tempio, era segreta e si svolgeva secondo un rituale tramandato fin dalla notte dei tempi.
Secondo quanto è riportato nel famoso poema L’ EPOPEA DI GILGAMESH, Isthar s’ innamorò di Gilgamesh e tentò di sedurlo, ma questi la respinse ed ella, furente d’ odio e di gelosia, gli lanciò una terribile maledizione che gettò l’ eroe nella pena e nell’ angoscia.

Alla dea Isthar furono intitolate le possenti e meravigliose mura di Babilonia, la cui fama circolò per tutto il mondo antico e si protrasse nei secoli. Si diceva che fossero inespugnabili e che la stessa dea, in tenuta da battaglia, sorvegliasse l’ ingresso principale alla città durante gli assalti o i preparativi di guerra.
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Grazie Francesca

 

 

 

Libertà e conoscenza

La libertà ha sempre bisogno di essere nutrita e ciò che maggiormente la nutre è il calore dell’entusiasmo al di là di ogni controllo razionale.

Da dove lo spirito assume nutrimento in quanto informazione?
Dalla sapienza, la più alta produzione della mente.

In Occidente di solito si ritiene che la più alta produzione della mente sia la conoscenza, io ritengo che non sia così per due motivi due:
1. perché l’utilizzo della conoscenza richiede un valore più alto della conoscenza stessa, una luce che indirizzi, essa può diventare pericolosa e persino nociva;
2. perché la conoscenza è senza fondo, quanto più si avanza lungo il sentiero della conoscenza, tanto più ci si rende conto di non sapere;
quindi non può essere la produzione più alta della mente.

La Sapienza presuppone la conoscenza ma la supera.
Il più alto prodotto della mente non è il sapere, la dottrina, la gnosi, la scienza, è la Sapienza, cioè l’uso ordinato e giusto della conoscenza acquisita.

 

Le verità

“Tutte le verità passano attraverso tre stadi:
– vengono ridicolizzate;
– vengono violentemente contestate;
– vengono accettate dandole come evidenti.”

(Arthur Schopenhauer)

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Ma fate molta attenzione a chi “se la canta e se la suona” e che, in questo contesto, per affermare se stesso, fa ricorso a ignobili tecniche persuasive “vendendosi” come povera vittima!
Diffidate della falsa conoscenza, è molto peggiore dell’ignoranza!
Il lupo si veste da agnello, cosa avviene dopo lo sapete…
Usiamo la testa, non facciamocela usare, da nessuno!

Biagio Russo

 

Tutte le cose sono state già dette

Io non ho mai aspirato “ai” libri, aspiro “al” libro.
Scrivo perché credo in “una” verità da dire.
Se e quando torno a scrivere
non è perché mi accorga di “altre” verità che si possono aggiungere,
e dire “in più”, dire “inoltre”,
ma perché sento qualcosa che continua a mutare nella verità.
Quel “qualcosa” esige che non si smetta mai di ricominciare a dirla.
Tutte le cose sono state già dette;
affinché l’ascolto “attecchisca” e “il seme germogli”,
occorre sempre ricominciare.

Anunnaki: coloro che dal cielo sono venuti sulla Terra?

I Sumeri li definivano dingir, “Signori o Superiori” appartenenti ad una civiltà altamente progredita. Da costoro ricevettero tutto il loro sapere, ma soprattutto la vita, come hanno lasciato scritto nei loro “libri d’argilla” in scrittura cuneiforme.

Sebbene gli assiriologi ritenessero e ritengano tuttora corretto tradurre dingir con “dio” o “divinità”, tale termine aveva un significato molto meno religioso. Le “teste nere” (sag-gi o sag-ge in sumerico), come i Sumeri amavano definirsi probabilmente per sottolineare una loro differenza somatica rispetto ai dingir, affermavano di essere stati creati da queste entità per servirli e riverirli.
Gli Anunnaki parrebbero dunque essere i creatori dell’uomo.

Nel percorso di studi e ricerche che ho portato avanti negli anni con l’intento di dare risposta ai tanti interrogativi circa l’origine del genere umano, ho letto e raccolto così tanto materiale documentale da dover necessariamente individuare un obiettivo verso cui convogliare le mie energie e conoscenze, tenendo ben saldo il timone di una severa metodologia investigativa, altrimenti il perdersi in approfondimenti non immediatamente utili al tema centrale avrebbe potuto generare due ordini di problemi: la perdita del sentiero da seguire e l’appesantimento della trattazione.
Fortunatamente, gli indizi che man mano scaturivano dalle mie indagini indicavano con chiarezza la via da percorrere, scongiurando dunque il rischio di superflue digressioni.
Tuttavia, una volta chiusa l’inchiesta principale trattata nel mio libro “Schiavi degli Dei – l’alba del genere umano” (Drakon edizioni), riprendendo le mie ricerche non ho potuto fare a meno di tornare sulle tante attività che avevo fino ad allora tralasciato, come raccogliere maggiori informazioni sulla casta dominante del Pantheon sumero, gli Anunnaki.

Figure da me precedentemente meno indagate degli Igi.gi/Igi.gu, quali sono le divinità di rango inferiore, gli Anunnaki  sono stati subito posti al centro del mio interesse: desideravo comprendere a fondo chi fossero effettivamente costoro coi quali gli Igi.gi/Igi.gu si relazionavano gerarchicamente, rendendo conto dei propri compiti sia nelle funzioni di “controllori” del genere umano che in quelle di portatori di messaggi “divini” agli uomini.
Innanzitutto, prima di affrontare il tema del significato della parola “Anunnaki”, è bene fugare ogni dubbio sulla sua corretta scrittura.
In molti testi accademici, che riportavano traduzioni dalle tavolette sumere ed accadiche, ho trovato il logogramma in questione trascritto sempre allo stesso modo: Anunnaki.
Ma la testimonianza definitiva ed incontestabile ci è fornita da chi la lingua sumera la sapeva leggere, parlare e, quel che più importa al nostro scopo, scrivere, ovvero Hammurabi, re di Babilonia vissuto tra il XIX e XVIII secolo a.C.
Sulla famosa Stele di Hammurabi conservata al Museo del Louvre di Parigi, all’altezza della seconda riga della prima colonna del Prologo del Codice troviamo ancora scritto Anunnaki.

Nel dettaglio, il termine risulta così sillabato: A.nun.na.ki.

Proseguendo nell’analisi, il termine ‘Anunnaki’ significherebbe – letteralmente – “coloro che dal cielo scesero sulla Terra”. Questa è l’affermazione che si trova nel web, nei media e nella moltitudine di testi di saggistica che trattano l’argomento. Essendo tale definizione così diffusa, sì è portati a pensare che essa sia giusta. Ma è davvero così?
La suddetta traduzione, che in verità è una interpretazione del suo autore, è da attribuirsi allo studioso ormai scomparso Zecharia Sitchin, al quale va sicuramente attribuito il merito di aver fatto conoscere con i suoi libri la storia dell’uomo raccontata dai Sumeri, ma, alla luce delle nostre attuali conoscenze, allo stesso vanno ascritte “responsabilità” indiscusse, sebbene così evidenti.
Molti, però, ritengono il suo lavoro indiscutibile, altri lo criticano ritenendolo artefatto o erroneo, ma va detto doverosamente che Sitchin, grazie alle sue pluriennali ricerche e all’esposizione delle sue tesi, obiettivamente discutibili come tutte le teorie, ha dato risposta a diversi enigmi riguardanti la genesi dell’uomo, così come va altrettanto detto doverosamente che certamente non è stato il primo, anzi. Oltretutto, Sitchin ha lasciato alcune “zone d’ombra”, questioni anche molto importanti che invece sono state sorvolate, non approfondite, lasciate prive di quei riscontri oggettivi necessari sia alla loro comprensione che alla loro soluzione.
Proprio in queste zone d’ombra si sono focalizzate le mie ultime ricerche e approfondimenti, avvalendomi di dizionari e traduzioni realizzate dagli autorevoli padri dell’assiriologia e sumerologia decenni prima che Sitchin trattasse di quegli stessi argomenti.
Non soddisfatto della traduzione, anzi interpretazione, di “Anunnaki” presentata dal saggista azero, ho condotto le mie personali indagini, i cui risultati sono esposti in quest’articolo, per scoprirne l’effettivo significato; per tale scopo, ho fatto uso di testi accademici quali documenti di riferimento.
Nel sottolineare il mio aver utilizzato materiale “ufficiale” vorrei, in primo luogo, evidenziare agli accademici e agli accaniti sostenitori dell’ortodossia, qualora ce ne fosse bisogno, che molte delle “stranezze” contenute nella letteratura sumero-accadica (e non solo in quella) sono state tradotte dai loro contemporanei o dai loro esimi predecessori e che risulta pertanto poco coerente sminuirle quando vengono usate nella loro misura letterale, anziché mitologica; in secondo luogo, vorrei mostrare a chi avanza pregiudizi sul lavoro degli accademici che i saggisti ricercatori indipendenti non dovrebbero prescindere sempre dall’ortodossia per avvalorare le proprie tesi, poiché spesso ciò che è stato formulato in ambito accademico è già di per sé completo, e modifiche o integrazioni forzate alla documentazione “ufficiale” possono risultare inutili o, ancora peggio, nascondere la realtà dei fatti.

Consultando, dunque, tre diversi testi, che potremmo definire “dizionari” di sumero e accadico, redatti tra la fine del 1800 e il 1950, ho sempre riscontrato gli stessi significati letterali. Avendo tuttavia ancora qualche titubanza, ho ritenuto utile consultare un ulteriore testo universitario, stavolta di recente pubblicazione (2007), che ha confermato pienamente i precedenti risultati, riassumibili in queste quattro possibilità:

1) L’acqua più importante/principale/migliore della Terra;
2) La prole più importante/principale/migliore della Terra;
3) Il padre (in questo caso “i padri”) più importante/principale/migliore della Terra;
4) Il liquido seminale più importante/principale/migliore della Terra.

In tutta onestà, non so dire quale di queste definizioni sia quella più giusta o corretta, probabilmente, prese singolarmente, lo sono tutte se inserite in un contesto di riferimento coerente.
Comunque, oltre ogni ragionevole dubbio, risulta evidente che Anunnaki non significhi “coloro che dal cielo scesero sulla Terra”.
Sebbene il logogramma esprima quattro diversi significati, essi presentano un denominatore comune: “della Terra”. Della Terra!
Un risultato che di certo farà discutere ed aprirà, altrettanto sicuramente, nuovi scenari dai contenuti forse anche inquietanti sulla figura degli A.nun.na.ki, un gruppo composto da esseri che i Sumeri non hanno mai indicato come “coloro che dal cielo sono scesi sulla terra”. Quella degli Anunnaki era senza dubbio una civiltà tecnologicamente avanzata, che aveva conoscenze e mezzi di navigazione marittima, aerea ed extra-planetaria, come ci descrivono magnificamente l’antica letteratura religiosa indiana e le successive citazioni bibliche; una civiltà che si spostava nei territori “controllati” per mezzo di “barche del cielo” (ma-an-na in lingua sumera) e che possiamo quindi coerentemente supporre come provenienti da un’ altra regione “della Terra”, non esclusivamente da un altro pianeta che non fosse la Terra.
La traduzione letterale, come abbiamo visto, ci ha fornito una risposta che produce nuove domande. Ad esempio: perché, sebbene i testi utilizzati per giungere al significato letterale di A.nun.na.ki siano a disposizione di studiosi e ricercatori da oltre 100 anni, nessuno pare essersi preso il disturbo di consultarli? Qualora, invece, tali documenti fossero stati consultati, perché nessuno, compreso lo stesso Sitchin, ne ha mai rivelato il significato originario?
Per quale motivo non lo ha fatto?
Non lo ha ritenuto necessario o non lo ha ritenuto opportuno?
La cosa, ovviamente, deve far riflettere, soprattutto alla luce del fatto che la manipolazione, per finalità diverse che non vanno assolutamente scartate, è decisamente dietro l’angolo!
In conclusione, allora, chi sono gli A.nun.na.ki?
Basta riflettere, guardarsi introno, e tutto appare chiaro.
Prossimamente, vedremo il significato letterale dell’origine del termine A.nun.na.ki.  cioè A.NUN.NA in lingua sumerica.
A presto.

 

© 2009, 2010, 2016 Biagio Russo
(cfr. “Uomini e Dei della Terra”)